Indice > Settimana di Preghiera 2007 > Introduzione Teologico-Pastorale
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“Fa sentire i sordi e fa parlare i muti!”
(Marco 7, 31-37)


     La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani di quest’anno riunisce due temi, due inviti estesi alle chiese e al popolo cristiano: pregare ed impegnarsi insieme per l’unità dei cristiani, e, nello stesso tempo, unirsi per dare una risposta alla sofferenza umana. Queste due responsabilità sono profondamente inter-connesse. Entrambe si riferiscono alla guarigione del corpo di Cristo, per questo motivo il testo scelto come tema della Settimana narra di una guarigione.

     Marco 7, 31-37 racconta come Gesù guarì un uomo sordomuto. Gesù lo condusse lontano dalla folla, per parlare con lui da solo. Egli pose le sue dita sugli orecchi dell’uomo, sputò e toccò la lingua dell’uomo dicendogli: “Effatà!”, cioè “Apriti!”, una parola spesso usata nel rito del battesimo cristiano. La buona novella proclamata in questo racconto ha molte dimensioni. Come in molti altri brani evangelici, anche in questa storia di guarigione, vediamo la risposta compassionevole di Dio di fronte alla sofferenza umana. È una prova eloquente della misericordia di Dio. Nel restituirgli l’udito e la capacità di parlare, Gesù manifesta la potenza di Dio e il suo desiderio di portare l’umanità alla pienezza, realizzando la promessa di Isaia: “Allora i ciechi riacquisteranno la vista e i sordi udranno di nuovo. Allora lo zoppo salterà come un cervo, e il muto griderà di gioia” (Is 35, 5-6). Il dono dell’udito rende l’uomo capace di ascoltare la buona novella proclamata da Gesù; il dono della parola gli permette di proclamare agli altri ciò che ha visto e udito. Queste dimensioni si ritrovano nella reazione di quelli che sono stati testimoni della guarigione: “Tutti erano molto meravigliati e dicevano: ‘È straordinario! Fa sentire i sordi e fa parlare i muti!’” (Mc 7, 37).

     Come l’uomo guarito da Gesù, anche noi tutti, battezzati in Cristo, abbiamo ricevuto l’“Effatà!” del vangelo. Nella Prima Lettera di Giovanni si parla della comunione di quanti hanno ricevuto la buona novella: “La Parola che dà vita esisteva fin dal principio: noi l’abbiamo udita, l’abbiamo vista con i nostri occhi, l’abbiamo contemplata, l’abbiamo toccata con le nostre mani” (Gv 1, 1). Era desiderio del Signore (cf Gv 17) che i suoi discepoli, che avevano ricevuto il suo messaggio, fossero una cosa sola, in un’unità radicata nella sua comunione con il Padre e con lo Spirito Santo. Come corpo di Cristo la Chiesa è chiamata ad essere una, cioè la comunità che ha udito e visto le meraviglie operate dal Signore, e che è stata inviata ad annunziarle fino ai confini della terra. Come corpo di Cristo siamo chiamati ad essere uniti nel compiere questa missione. Parte di questa missione consiste nel prendersi cura di quanti soffrono e sono nel disagio. Come Dio ha ascoltato il pianto e compreso la sofferenza del suo popolo in Egitto (cf Es 3, 7-9), come Gesù ha risposto con compassione a coloro che gli chiedevano aiuto, così anche la chiesa deve ascoltare la voce di quanti soffrono, rispondere con comprensione, dare voce a chi non ha voce.

     Facendo convergere i due aspetti della missione della chiesa, la Settimana di preghiera di quest’anno intende sottolineare la connessione essenziale fra l’impegno di pregare per l’unità dei cristiani e le iniziative per rispondere alle necessità e alle sofferenze umane. Lo stesso Spirito che ci rende fratelli e sorelle in Cristo ci dà anche la capacità di tendere le braccia e raggiungere ogni essere umano nella necessità. Lo stesso Spirito che vivifica ogni nostra opera per rendere visibile l’unità fra i cristiani, ci dona anche la forza per rinnovare la faccia della terra. Ogni piccolo sollievo alla sofferenza umana rende la nostra unità ancor più visibile, ogni passo verso l’unità rafforza l’intero corpo di Cristo.

Origine del materiale di preghiera della Settimana

     Quest’anno il tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani ha origine dall’esperienza delle comunità cristiane della regione di Umlazi, vicino a Durban, in Sud Africa. Ogni anno la prima bozza del testo per la Settimana di preghiera è preparata da un gruppo locale, poi rielaborata per l’uso internazionale, distribuita in tutto il mondo e quindi adattata ai diversi contesti locali. Il materiale riflette l’esperienza che sta a cuore ad un popolo che ha dovuto sopportare una grandissima sofferenza.

     Umlazi è stata fondata, originariamente, sotto il regime apartheid come sobborgo per la gente di colore (township). Il retaggio del razzismo, della disoccupazione e della povertà continua a provocare situazioni terribili alla popolazione, che ancora soffre della scarsità di scuole, ospedali, case adeguate. Il contesto di disoccupazione e povertà dà origine ad un alto tasso di criminalità e a problemi di abuso all’interno delle famiglie e delle comunità. Ma la sfida grande che la popolazione della township e degli insediamenti precari deve affrontare è quella dell’AIDS. È stato calcolato che il 50% della popolazione di Umlazi ne è infetta.

     In un recente incontro, i capi della varie comunità cristiane di Umlazi si sono chiesti che cosa potessero fare insieme per combattere ciò che affligge la popolazione. Essi si sono accorti che un motivo di aggravio della situazione è il marchio che impedisce alle persone che hanno sofferto abusi, alle vittime di violenze o a malati affetti da AIDS, di parlare dei loro problemi. Vi è una mentalità culturale che suggerisce di non parlare di temi legati alla sessualità. Nella lingua Zulu il termine ubunqunu, letteralmente “nudità”, indica che questi argomenti sono tabù. Come risultato molte persone esitano a chiedere assistenza - che sarebbe disponibile, spesso proprio a livello ecumenico, attraverso le chiese locali - di direzione, di cura pastorale, di assistenza domiciliare, dei centri di supporto comunitario e di cura della salute.

     In ragione di questa situazione, dei modi detti o non detti in cui la popolazione, soprattutto i giovani, sono indotti a permanere in questo stato di silenzio, i capi delle chiese locali di Umlazi hanno organizzato una celebrazione ecumenica centrata sul tema del “rompere il silenzio”. La celebrazione invitava i giovani di Umlazi a trovare il coraggio di dire l’“indicibile” e a chiedere assistenza, consci che mantenere il silenzio può significare la morte.

     L’invito a rompere il silenzio si estende anche alle chiese fuori dal Sud Africa, nelle regioni pesantemente colpite dall’AIDS. Nessuna guerra nella storia ha mietuto tante vittime quanto l’AIDS. Sebbene molte organizzazioni, regioni e chiese abbiano cercato di dare sostegno alle regioni devastate dall’epidemia di AIDS, purtroppo i risultati non sono stati proporzionati alle aspettative.

     Nel 1993, durante la V assemblea mondiale di Fede e Costituzione, il vescovo Desmond Tutu ha ricordato ai partecipanti che, durante l’apartheid, i capi di chiese hanno imparato come “l’apartheid fosse troppo più forte di una chiesa divisa”. Oggi, nell’affrontare l’epidemia dell’AIDS e di altre realtà disumanizzanti, si riconosce che anch’esse sono troppo più forti di una chiesa divisa. A Umlazi vi è un tribunale, un ospedale, un ufficio postale, una clinica, una serie di negozi, e un cimitero, che riflette la pressante prova che le persone devono affrontare. Nella stessa township le persone, quasi tutte cristiane, accettano le Scritture, le quali affermano che c’è un solo corpo, un solo Spirito, una sola speranza, un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre di tutti (cf Ef 4, 4-6). Eppure ci sono molte chiese che non sono in piena comunione fra loro, e che rimangono segno di una cristianità divisa. A Umlazi si prova insofferenza e frustrazione per una divisione generata molti secoli fa in un’altra terra - come descritto nella appendice IV sulla situazione in Sud Africa fornita dal gruppo locale.

     Nell’incontro fra il rappresentante del gruppo di Umlazi e la Commissione preparatoria internazionale, essi hanno riflettuto sulla ricerca della piena unità visibile fra le chiese cristiane alla luce dell’esperienza dei cristiani di Umlazi e del loro invito a “rompere il silenzio” che opprime e isola le persone nella loro sofferenza. Insieme hanno selezionato il brano di Marco 7, 31-37 come testo biblico centrale per la Settimana di preghiera, e hanno determinato un quadro biblico-teologico sul tema dell’ascoltare, del parlare e del silenzio, all’interno del quale sia la ricerca dell’unità che la ricerca di una risposta cristiana alla sofferenza umana, trovino spazio. È stata presa la decisione di mantenere questo duplice fuoco sia nella celebrazione liturgica che nei commenti per ciascuno degli otto giorni, indirizzando intenzionalmente, in ciascun testo, entrambe: la sofferenza umana e la ricerca della piena visibile unità fra tutti i cristiani.

Gli otto giorni

     Il Libro della Genesi inizia presentando la parola creativa di Dio. Dal caos, rompendo il silenzio, la parola di Dio si manifesta. È una parola viva, che realizza ciò che proclama, e proclama la vita. Dio parla e la creazione viene all’esistenza. Dio parla e gli esseri umani vengono creati a sua immagine e somiglianza. Dio parla nella storia e gli esseri umani sono invitati ad un’alleanza con lui. Anche il vangelo di Giovanni comincia con la parola di Dio e proclama il cuore della fede del Nuovo Testamento quando annuncia che: “Colui che è ‘la Parola’ è diventato un uomo ed è vissuto in mezzo a noi uomini” (Gv 1, 14). Gesù Cristo, Verbo incarnato, parla di Dio stesso. Durante il suo ministero, Gesù parla in molti modi, qualche volta anche attraverso il silenzio (come con Ponzio Pilato). La parola proferita da Gesù è sempre una parola di misericordia, una parola che conduce i suoi ascoltatori ad una vita più profonda, una vita di comunione con Dio e con gli altri. Questa lieta novella viene proclamata, a sua volta, dalle parole e dalle opere di tutti coloro che sono battezzati nel nome del Dio Trinitario. Solo nella potenza dello Spirito Santo i cristiani sono in grado di ascoltare e rispondere alla chiamata di Dio.

     Dal primo al terzo giorno viene presentata la prospettiva trinitaria. Il primo giorno invita a riflettere sulla parola creativa di Dio pronunciata in principio e continuamente proferita. Quanti sono creati a sua immagine e somiglianza sono chiamati a fare eco pronunciando una parola creativa ed efficace nel caos dell’oggi. La meditazione del secondo giorno invita a ponderare che cosa significhi essere un seguace di Gesù Cristo, il Verbo incarnato, che fa sentire i sordi e parlare i muti. Il terzo giorno medita sull’opera dello Spirito Santo nella vita dei cristiani, che rende capaci sia di proclamare la lieta novella, sia di essere strumenti della presenza guaritrice di Cristo, ascoltando e dando voce a coloro che sono stati ridotti al silenzio e non hanno potuto narrare la propria storia.

     L’intrinseca relazione fra la promozione dell’unità e la risposta alla sofferenza umana viene chiaramente alla luce nella riflessione di san Paolo sulla Chiesa come corpo di Cristo: “Siamo stati battezzati con lo stesso Spirito per formare un solo corpo” (1 Cor 12,13). Cristo ci ha resi uno. Le nostre divisioni ostacolano e diminuiscono la nostra unità. Ma non la distruggono, perché tutti apparteniamo a Cristo, ogni parte del suo corpo ha bisogno delle altre, deve prendersi cura delle altre: “Se una parte soffre, tutte le altre soffrono con lei”(1 Cor 12, 26). Il quarto giorno ci interroga su che cosa significhi essere una comunità unita in Cristo, una comunità in piena solidarietà con le sue parti sofferenti.

     Il quinto e sesto giorno si soffermano sul tema proposto dalle chiese di Umlazi: la fine del silenzio degli oppressi. Coloro che soffrono spesso sono lasciati soffrire in silenzio, e la loro speranza di giustizia e compassione rimane disattesa. Ci sono momenti in cui i cristiani e le chiese sono rimasti in silenzio davanti al dolore, mentre avrebbero dovuto parlare; ci sono state volte in cui non hanno aiutato i muti a parlare. Ci sono state circostanze in cui le divisioni fra le chiese hanno impedito di ascoltare il dolore del prossimo, o hanno lasciato la risposta velata, conflittuale, inefficace, non consolatrice (quinto giorno). Questo è peccato, se non altro perché alle chiese è stata data voce, è stato dato un messaggio da proclamare, una missione da compiere; non un messaggio divisivo, non una missione conflittuale. Vivificata dallo Spirito Santo, vi è una sola coerente manifestazione: la buona novella dataci da Cristo stesso. In Cristo abbiamo la grazia di rompere il silenzio. In Cristo siamo la comunità che deve dire ai muti e ai sordi: “Apriti!”. Il cammino verso la fedeltà e l’integrità richiede che noi cristiani combattiamo e preghiamo per l’unità per la quale Cristo ha pregato, e, malgrado le nostre divisioni, impariamo a parlare con un’unica voce, per esprimerci come unico corpo con compassione, dando vita alla buona novella che proclamiamo (sesto giorno).

     La salvezza e la resurrezione di Cristo sono il cuore della parola che Dio pronuncia per l’umanità. Il settimo giorno si riflette sulla Croce di Cristo alla luce dell’esperienza di sofferenza e morte, a Umlazi e in tante altre regioni. Vivendo nella valle della morte, ove la sofferenza supera ogni misura, in mezzo a cimiteri dove i morti sono spesso sepolti uno sopra l’altro, la popolazione di Umlazi conosce e comprende la desolazione della croce di Cristo. Nella fede, essi sanno anche che Cristo non ha posto una distanza fra lui e il peso dell’umana sofferenza, e che più ci avviciniamo alla sua sofferenza, più ci avviciniamo gli uni agli altri. È una proclamazione particolarmente profonda di resurrezione, che si alza dai cimiteri stessi, quando durante le prime ore dell’alba del giorno di Pasqua, i cristiani si radunano fra le tombe dei loro amati con le candele accese e proclamano che Cristo è risorto dai morti (ottavo giorno). Malgrado divisioni e avversità, il mistero pasquale getta un seme di speranza: tutto il silenzio opprimente certamente scomparirà, e un giorno ogni lingua si unirà nel confessare che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre! (cf Fil 2, 11).

Conclusioni

     Il tema biblico centrale per questo testo della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, Marco 7, 31-37, racconta che Gesù alzò gli occhi al cielo e fece un sospiro prima di guarire l’uomo. San Paolo scrive ai Romani che lo Spirito Santo accompagna le nostre preghiere “con sospiri che non si possono spiegare a parole” (Rom 8, 26). La frase di san Paolo è evocativa del desiderio profondo che lo Spirito sa coltivare nei nostri cuori e nelle nostre menti: un desiderio per una piena unità visibile fra tutte le chiese cristiane, un desiderio per la fine della sofferenza umana.

     Nella celebrazione di ciascuno degli otto giorni, è stato indicato un principio strutturale che incorpora il riferimento esplicito sia al bisogno di pregare e operare continuamente per l’unità fra le nostre chiese, sia alle voci della popolazione di Umlazi e di altre regioni il cui pianto si eleva ai cieli. Coltiviamo la speranza che quest’anno la Settimana di preghiera aiuti a rompere il silenzio che opprime, e presti attenzione al rapporto intrinseco fra preghiera e ricerca dell’unità con la chiamata dei cristiani e delle chiese a lavorare insieme come strumenti di compassione e giustizia verso il mondo.

Preparazione del testo della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2007

     Il materiale è stato elaborato, nell’attuale forma, durante un incontro della Commissione preparatoria internazionale nominata dalla commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle chiese e dal Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani. La Commissione preparatoria si è riunita a Château de Faverges, Haute-Savoie, Francia; la Commissione esprime il proprio ringraziamento per la professionalità e l’ospitalità dello Staff che ha contribuito a sostenerne il lavoro.

     La bozza iniziale del testo è stata preparata da un gruppo di laici, pastori e sacerdoti di Umlazi-Bhekithemba, Sud Africa. La traccia è stata ripresa da un culto ecumenico celebrato presso il Comprehensive Technical High School (COMTEC) a Umlazi. Durante questo culto (organizzato su invito della scuola) clero e laici di diverse tradizioni religiose si sono radunati per rendere la loro unità in Cristo visibile, e per offrire una comune testimonianza di fronte alla sfida che sia i giovani studenti sia l’intera società del Sud Africa si trovano ad affrontare. Il gruppo locale ha anche fornito lo schema dei testi biblici da utilizzare durante l’intera Settimana.

     La Commissione preparatoria internazionale esprime il proprio ringraziamento al gruppo locale del Sud Africa, composto da:

Canon L.L. Ngewu
Rev. Fr. Thamisanqua Shange OGS
Rev. Bruce Buthelezi
B. Buthelezi
Rev. Fr. Anton Mbili
Rev. S. Mosia
Mr. W.L. Luthuli
Mr. R. Mauze
Zamimpilo (progetto per infermieri professionali HIV/AIDS, St. Philip, Enwabi)
Mrs. G. Phungula

     La Commissione internazionale è grata a padre Thami Shange OGS, per essersi unito a loro e averne condiviso il compito, sia presentando loro il materiale della prima bozza e le fasi del processo preparatorio, sia portando alla luce il materiale e la situazione in Sud Africa. La Commissione desidera inoltre ringraziare il vescovo David Beetge della diocesi di Highveld, Brakpan, e il canonico Livingstone Ngewu, College of the Transfiguration a Grahamstown, Sud Africa, per la loro preziosa collaborazione.

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Nota

I testi biblici riportati nel presente libretto sono tratti da:

- Parola del Signore. La Bibbia. Traduzione interconfessionale in lingua corrente per la lettura. Nuova Versione, Elledici-Alleanza Biblica Universale, Leumann-Roma 2000.

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