Indice > Settimana di Preghiera 2007 > Letture Bibliche e commento
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LETTURE BIBLICHE E COMMENTO
PER OGNI GIORNO DELLA SETTIMANA


 
    PRIMO GIORNO
In principio c’era colui che è “la Parola”
“Dio disse...”
(Genesi 1)

Genesi 1, 1 - 2, 4 Dalla sua parola Dio creò l’universo
Salmo 104 (103), 1-9 Il Signore di tutta la creazione
Apocalisse 21, 1-5a Ora faccio nuova ogni cosa
Giovanni 1, 1-5 In principio c’era colui che è “la Parola”


Commento:
 

   “In Principio c’era colui che è la Parola”...: in questo primo giorno della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, vogliamo contemplare l’opera del Creatore. Nel silenzio del nulla - narra il Libro della Genesi - Dio creò il mondo con la sua parola: “Dio disse...”. In principio, quando non vi era altro che caos e confusione, la parola di Dio irruppe nel silenzio, per assegnare a ciascun essere il proprio posto. All’apice della creazione vi è l’umanità che Dio ha creato ad immagine della sua unicità.

   Quest’anno il testo della Settimana di preghiera è stato preparato da un gruppo ecumenico del Sud Africa. I componenti del gruppo hanno raccontato quanto l’epidemia dell’AIDS ha gettato nell’angoscia le vite umane. Spesso anche noi abbiamo l’impressione che il mondo sia nel caos: quando la realtà ci opprime, quando la guerra ci rende vittime del terrore, quando la malattia o il dolore ci sovrastano...

   “Dio disse...”. Messi di fronte a tanta sofferenza, i cristiani vogliono credere che l’opera creatrice di Dio continui. Nonostante le loro divisioni, il cuore dei discepoli di Cristo è alimentato dalla medesima speranza: la parola del Signore continua a creare il mondo di oggi, strappandolo dal nulla, per mantenere l’umanità unita. Più che mai i cristiani di ogni confessione hanno bisogno di ascoltare questa parole: “Ora faccio nuova ogni cosa, non ci sarà più né lutto né pianto né dolore”.

   Il caos in cui viviamo può essere paralizzante. Tuttavia gli uomini e le donne del nostro mondo non vogliono cedere alla disperazione. In Sud Africa un gruppo di donne (Kopanang) che hanno un familiare affetto da AIDS, si riuniscono per tessere stoffe magnifiche. Queste creazioni permettono loro di provvedere al sostentamento delle famiglie. Creati ad immagine di Dio, anche noi, a nostro modo, possiamo far nascere la bellezza dal caos.


Preghiera:
O Signore, nostro Creatore,
noi contempliamo lo splendore della tua creazione.
La tua parola ha creato l’universo.
Quando la nostra vita crolla rovinosamente
noi ti preghiamo di rinnovare la tua opera meravigliosa.
Nonostante lo scandalo delle nostre divisioni,
noi possiamo pregare con un’unica voce:
la tua parola non cessi mai di far nuove tutte le cose
nel cuore delle nostre vite tormentate.
Donaci il coraggio di essere anche noi artigiani della creazione.
Ti preghiamo che l’unità che cerchiamo per le nostre chiese possa essere davvero al servizio dell’unità dell’intera famiglia umana. Amen.




 
    SECONDO GIORNO
La parola salvifica di Cristo
“Fa sentire i sordi e fa parlare i muti!”
(Marco 7, 31-37)

Isaia 50, 4-5 Dio, il Signore, mi ha insegnato le parole adatte per sostenere i deboli
Salmo 34 (33), 1-16 Benedirò il Signore in ogni tempo
Colossesi 1, 11-20 Il Dio invisibile si è fatto visibile in Cristo
Marco 7, 31-37 Fa sentire i sordi e fa parlare i muti!


Commento:
 

    Isaia si rende conto del valore del dono che il Signore ha fatto. Egli ha ricevuto il potere di una parola capace di sostenere coloro che sono stanchi e hanno il cuore spezzato. Per essere in grado di realizzare ciò, però, egli ha bisogno di orecchie che possano ascoltare e imparare come un discepolo. Dio stesso lo ha chiamato, egli perciò non può tornare indietro.

    San Paolo comprende che la parola definitiva è stata data in Cristo Gesù. Paolo ci presenta l’immagine di un’umanità nell’unità della sua relazione con il Figlio di Dio, immagine del Dio invisibile alla cui somiglianza siamo stati creati. Il Signore ci ha riscattato dal potere delle tenebre e ci ha portati nel Regno del suo Figlio, nel quale abbiamo la redenzione e il perdono dei peccati. Noi siamo uno nel nostro battesimo in Cristo, perché siamo uniti a lui, e Gesù riconcilia tutte le cose a Dio. Nel sangue della sua croce, noi troviamo la pace che non tramonta.

    Il brano del vangelo illustra come la potenza di Gesù renda i sordi capaci di ascoltare la parola di salvezza e di annunciarla agli altri. È curioso che, sebbene Gesù avesse comandato ai presenti di tacere su ciò che avevano visto, come accade per ogni buona notizia, essa non poté essere trattenuta. I presenti divennero testimoni della potenza salvifica di coloro che sono stati scelti da Dio. Non è solo colui che è stato guarito a proclamare la bontà del Signore, ma tutti coloro che ne sono stati testimoni.

    Nel contesto sud-africano, come nel vangelo, alcuni saranno toccati dal Signore e diverranno liberi di parlare della loro condizione. Ciò permetterà alla chiesa di offrire loro il servizio. E, a loro volta, altri saranno messi in grado di fare altrettanto: lingue si scioglieranno e orecchi saranno resi attenti. Molte persone, che ora vivono nella cospirazione del silenzio che circonda questioni tabù come l’abuso su donne e bambini, i crimini nella società, l’AIDS, faranno il primo passo per rompere il silenzio, e questo farà sì che altre persone potranno offrire il loro ministero a coloro che ne hanno più bisogno. In questo contesto possiamo vedere come Dio continui ad aprire orecchie e a sciogliere lingue per ascoltare e quindi proclamare la parola salvifica di Cristo. È la nostra fede comune, celebrata nel battesimo, che ci permette di proclamare insieme la compassione di Cristo. Nonostante la sofferenza, noi diveniamo una cosa sola nella misura in cui ci avviciniamo a Cristo, riconoscendo che in lui tutte le cose sono riconciliate e tenute unite. Ciò è radicato nell’unicità del battesimo e nel conseguente dovere di glorificare il Signore nella sua opera.


Preghiera:
O Dio di compassione,
Tu in Cristo hai proferito la parola salvifica,
per sua intercessione, ti preghiamo che le nostre orecchie
si aprano al pianto delle persone imprigionate
dalla cospirazione del silenzio.
Possa Gesù sciogliere le nostre lingue, cosicché insieme possiamo proclamare il suo amore per coloro che soffrono in silenzio.
Rinvigoriscici nel nostro comune battesimo,
affinché l’unità che condividiamo in Cristo
possa essere la nostra forza nel portare speranza a quanti sono disperati,
e insieme possiamo proclamare la liberazione in Cristo nostro Signore. Amen.




 
    TERZO GIORNO
Lo Spirito Santo ci dona la Parola
“Lo Spirito [...] sarà il mio testimone”
(Giovanni 15, 26)

Gioele 2, 26 - 3, 2 Manderò il mio spirito su tutti gli uomini
Salmo 104 (103) Rinnovi la faccia della terra
1 Corinzi 12, 1-4.12-13 Nessuno può dire: “Gesù è il Signore”, se non è veramente guidato dallo Spirito Santo
Giovanni 15, 26-27; 16, 12-13 Lo Spirito [...] sarà il mio testimone


Commento:
 

    Siamo uno nello Spirito. Ogni cosa è nutrita dal solo e unico Spirito. È nello stesso Spirito che noi siamo stati battezzati come unico corpo. È lo Spirito Santo che parla e ci dona l’energia necessaria, il potere interiore di parlare, di proclamare insieme la buona novella del Regno di Dio.

    Come comunità in pellegrinaggio verso l’unità, desideriamo vivere la vita dello Spirito. Se viviamo secondo lo Spirito, desideriamo anche ciò che è dello Spirito: la vita e la pace.

    Lo Spirito Santo ci spinge ad agire. Dobbiamo rompere le varie forme di silenzio che incontriamo nella nostra strada e che ci frenano: situazioni caotiche, divisioni umane, e ciò che offende la dignità delle persone e dei popoli. Come si può rendere libera la parola? Dove possiamo trovare la forza per piantare un seme di vita, di speranza, di apertura? Come possiamo scappare da ciò che ci imprigiona e ci paralizza?

    Lo Spirito che è stato effuso su di noi ci guida alla profezia, ci ricrea rinnovando la faccia della terra. È lo Spirito che ci fa gridare: “Gesù è il Signore”, che rende testimonianza al Signore e che mette noi in grado di diventare testimoni coraggiosi. È lo Spirito che il Signore invia nei nostri cuori che ci fa proclamare “Abbà, Padre”, rivelandoci la nostra vera identità: non siamo più schiavi, ma figli e figlie di Dio.

    Quando i bambini e gli adolescenti della scuola secondaria COMTEC di Umlazi, in Sud Africa, si radunano per una celebrazione ecumenica - come presentato nell’introduzione teologico-pastorale -, quando insieme invocano lo Spirito Santo, una nuova speranza nasce per tutto il mondo. È lo Spirito che incoraggia questi giovani a non nascondere i loro grandi problemi (la vita familiare, la disoccupazione, il crimine, la malattia) nel silenzio e nella disperazione. Essi lodano Cristo e cominciano a seguirlo. Essi si impegnano con generosità al servizio dei loro fratelli e sorelle; portano la gioia, la pace, l’unità dello Spirito. Nel nostro cammino ecumenico questi giovani di Umlazi sono un segno di gioia e di unità nello Spirito.


Preghiera:
Vieni o Santo Spirito,
fa’ che possiamo sentire il dono della tua presenza
nel nostro pellegrinaggio verso l’unità.
Dacci la forza interiore per diventare strumenti di gioia e speranza per il mondo.
Rendici una cosa sola,
suggeriscici la parola giusta per confessare insieme
il nostro Dio e Signore e rompere il silenzio che distrugge.
Spirito di vita e di carità, rinnovaci nel tuo amore. Amen.




 
    QUARTO GIORNO
Il silenzio dei dimenticati e il pianto dei sofferenti
“Se una parte soffre, tutte le altre soffrono con lei”
(1 Corinzi 12, 26)

Esodo 3, 7-10 Dio ha ascoltato il lamento degli oppressi
Salmo 28, 1-8 Mio Signore non essere sordo
1 Corinzi 12, 19-26 Le parti sono molte, ma il corpo è uno solo
Marco 15, 33-41 Gesù gridò molto forte: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”


Commento:
 

    Nel mondo in cui viviamo, molte persone soffrono. Quasi ogni giorno vediamo nei giornali fotografie drammatiche, e leggiamo di grandi catastrofi che l’umanità vive. Eppure la sofferenza di molte persone ancora non si conosce. Esse sono dimenticate. Sembrano soffrire in silenzio, ma questo non risponde a verità. Il loro silenzio è piuttosto un segno del nostro egoismo che li ignora.

    Il Signore ascolta ciò che molte volte noi non vogliamo ascoltare. Egli ascolta il grido di sofferenza e vede la loro oppressione; non la ignora (cf Es 3). Quando la gente del Sud Africa legge la storia della liberazione di Israele dall’Egitto, ricorda il loro cammino di liberazione dall’apartheid. Nonostante le persone siano state ripetutamente ridotte al silenzio, il loro grido di libertà e giustizia era pressante, il dolore è stato molto grande, e c’è voluto molto tempo prima che il loro desiderio ardente di liberazione fosse esaudito.

    Oggi molte persone in Africa sono vittime dell’epidemia di AIDS. Nessuna guerra nel mondo ha mietuto più vittime dell’AIDS. Eppure ciò non suscita molto clamore, soprattutto nel mondo occidentale. Il mondo è stato diviso da un muro di silenzio. Il salmo 28 ci mostra una persona che soffre, che grida al Signore, che a lui affida la propria miseria e la propria speranza. Egli prega nella certezza che Dio si prenderà cura di lui, giacché nessun altro vede il suo dolore.

    Insieme crediamo che Dio condivide i problemi e le preoc-cupazioni dei sofferenti. Cristo che grida sulla croce è il più grande segno di ciò (cf Mc 15). Dio non è estraneo alla sofferenza, ma ne è al centro.

    Noi siamo un solo corpo in questo Cristo compassionevole. La miseria di alcuni membri del corpo non è un loro problema, ma un problema di tutti. Il pianto di quanti sono infetti non può essere ignorato o disprezzato da coloro che lo considerano un giudizio di Dio. Se Paolo è nel giusto quando afferma: “Se una parte soffre, tutte le altre soffrono con lei” (1 Cor 12, 26), allora noi possiamo dire che “tutta la chiesa ha l’AIDS”. Noi siamo legati insieme, in quanto unico corpo di Cristo. Insieme dobbiamo farci carico degli emarginati e degli abbandonati. La grande piaga dell’AIDS necessita una chiesa unita, non una chiesa segregazionista o divisa. Necessita di una chiesa che costruisce una comunità di compassione e di fede, come unico corpo di Cristo. Una comunità che spezza il silenzio dei dimenticati e ascolta il grido dei sofferenti.


Preghiera:
O Dio eterno,
Tu sei la speranza di coloro che sono stati depennati dalle agenda del mondo;
Tu ascolti il pianto dei cuori feriti
e la voce delle anime disperate.
Insegnaci, nel potere del tuo Spirito,
ad ascoltare come Tu ascolti,
e a percepire, anche attraverso il silenzio,
la voce di chi soffre e attende.
Accresci in noi la consapevolezza di essere l’unico corpo di Cristo,
comunione di solidarietà e
segno profetico della tua giustizia
e della tua grazia incarnata. Amen.




 
    QUINTO GIORNO
Il giudizio di Dio sul nostro silenzio
“Tutto quel che non avete fatto ad uno di questi piccoli...”
(Matteo 25, 45)

Michea 6, 6-8 Che cosa esige il Signore da noi?
Salmo 31 (30), 1-5 Dio, rifugio e roccaforte che mi salva
1 Pietro 4, 17 È proprio il popolo di Dio ad essere giudicato per primo
Matteo 25, 31-46 Non l’avete fatto a me


Commento:
 

    Coloro che soffrono in silenzio - che hanno perso la loro voce o ne sono stati privati - trovano in Dio rifugio e speranza. Egli è fedele e li riscatta, perciò essi giustamente chiedono aiuto non solo a Dio, ma anche a coloro che servono Dio, e quindi ai cristiani e alle chiese. I cristiani debbono parlare in vece di chi non può o non sa far udire la propria voce, e mettere in grado chi non lo è, di parlare per sé: il Signore, infatti, ci chiama anzitutto ad operare la giustizia.

    Eppure, ancora troppo spesso le speranze di quanti soffrono trovano solo silenzio. I cristiani e le chiese non sempre fanno sentire la propria voce quando si tratta di rendere capace chi è stato privato della voce, di ritrovarla. Chiamati a servire gli altri, fino al più piccolo di loro; troppo spesso trascuriamo di farlo. Anche se sappiamo che Gesù è presente nel più piccolo di loro, non sempre lo serviamo come dovremmo.

    Sappiamo che è il tempo del giudizio, a cominciare dal popolo di Dio. Ciò che facciamo deve rispecchiare ciò che siamo chiamati a fare, senza differenza; nella misura in cui rimaniamo in silenzio e non diamo potere alla voce di chi non ha potere, siamo giudicati. Ciò nonostante lo scopo del giudizio di Dio non è di condannare, ma di portare alla nuova vita. La confessione porta alla liberazione: riconoscendo che il nostro silenzio ci rende complici nella sofferenza degli altri, possiamo parlare a loro nome, e aiutarli a parlare per se stessi.

    Come cristiani e come chiese - ovunque noi siamo - dobbiamo chiederci:

   
- abbiamo davvero fatto il possibile e il meglio per parlare a nome di chi non ha voce e per metterli in grado di parlare da loro stessi?
   
- se non lo abbiamo fatto, è forse perché non abbiamo saputo ascoltare il lamento di chi stava soffrendo? O è perché siamo diventati insensibili al grido di dolore e di morte che si eleva dalle township e dalle aree rurali?
   
- è forse vero che le chiese, a volte, sono talmente prese dai problemi interni, che non riescono ad udire il pianto di quanti sono fuori dalle loro mura?
   
- è forse la divisione che impedisce alle chiese di ascoltare il pianto dei sofferenti?

    Sono domande impegnative - che forse abbiamo troppo a lungo omesso di chiederci -, ma se ci interrogheremo insieme, saremo in grado di rompere il silenzio e testimoniare la nostra unità nel servizio dei sofferenti.


Preghiera:
O Signore, nostro rifugio e Redentore,
ascolta la voce di chi è senza voce;
apri le loro labbra affinché possano parlare,
concedi loro giustizia, guarigione, e,
alla fine, gioia e pace.
Apri le nostre orecchie affinché possiamo ascoltare
il grido di quanti soffrono;
apri le nostre labbra affinché possiamo parlare
in nome di chi non può farlo;
apri i nostri cuori affinché possiamo adoperarci
per aiutare altri a parlare. Amen.




 
    SESTO GIORNO
Messi in grado di dire la verità
“La donna aveva paura e tremava [...] e gli raccontò tutta la verità”
(Marco 5, 33)

Giudici 6, 11-16 Io sarò con te
Salmo 50 (49), 1-15 Invocami
Atti 5, 26-32 Ubbidire a Dio
Marco 5, 24-34 Raccontare tutta la verità


Commento:
 

    Vi sono argomenti di cui non si può parlare: particolarmente il sesso, i soldi e la religione. Che Gesù parlasse ad una donna con un’emorragia era allo stesso tempo inconcepibile e imprevedibile. È stata la fede e la fiducia in Gesù che ha incoraggiato la donna a raggiungerlo e a sfiorarlo, sicura che la guarigione sarebbe profusa da lui. Gesù sente che parte della sua forza è uscita da lui, mentre la donna sente venire in lei la guarigione e la forza, la capacità di parlare e di raccontare come la sua lunga storia di silenzio avesse finalmente avuto fine. Solo dopo aver ascoltato la sua storia, Gesù poté dire: “Sii guarita!”.

    Questo racconto è parallelo alla situazione in cui si trovano molti pastori in Sud Africa, che desiderano offrire il loro servizio ai malati di AIDS, ma sono impediti da una cospirazione di silenzio e vergogna. Soltanto quando coloro che sono infettati e affetti dalla malattia sono in grado di raccontare le loro storie, possono aver luogo gli atti e le parole di guarigione, e queste persone possono ricevere il sostegno del ministero. Un detto Zulu dice che mantenere il silenzio su un grande segreto è come stare seduti su uno scorpione. Le chiese hanno il compito e la sfida di provvedere ad un luogo sicuro ove i malati possano confidarsi.

    Le chiese stesse hanno bisogno di parlare su argomenti di cui, per molte ragioni, è difficile parlare; ad esempio, oltre il Sud Africa, i problemi della guerra e della pace, gli effetti distruttivi del capitalismo globale, la tragedia dei rifugiati che chiedono asilo, l’abuso occulto sui bambini. Non si tratta, per le chiese, di una scelta, ma di qualcosa che tocca il centro e dà ragione della loro stessa esistenza. Dio ha chiamato le chiese a proclamare la sua parola al mondo, a portare la buona novella a coloro che sono nel bisogno, e le chiese non possono rimanere in silenzio quando forze esterne tentano di ostacolare questo incarnarsi della Parola. Talvolta, invece, accade che le chiese stesse siano di ostacolo all’incarnazione di questa Parola a causa della loro divisione e mancanza di unità. La parola data alle chiese è una sola, e ne diventano testimoni credibili solo quando parlano all’unisono e agiscono animate dalla stessa compassione. Ecco perché devono anche essere disposte a parlare dello scandalo della loro divisione. Solo se riusciremo a confessare la dolorosa verità della nostra disunione potremo ricevere la nostra guarigione.


Preghiera:
O Dio Creatore, Tu parlasti e il mondo
divenne cosa buona;
il tuo Figlio risorto intercede per noi;
il tuo Santo Spirito ci guida verso la verità.
Perdonaci per le volte in cui il nostro silenzio
ha recato danno alla tua creazione,
ha ostacolato l’opera di Cristo e mascherato la verità.
Dacci il coraggio, come individui e come chiese,
di dire la verità nell’amore con un’unica voce,
di incarnare la tua compassione
verso tutti coloro che soffrono,
e di diffondere la lieta novella del
vangelo a tutto il mondo;
nel nome di Colui nel quale la Parola
divenne carne fra noi,
Gesù Cristo nostro Signore. Amen.




 
    SETTIMO GIORNO
Abbandono
“Perché mi hai abbandonato?”
(Salmo 22, 1)

Isaia 53, 1-5 Ha preso su di sé le nostre malattie, si è caricato delle nostre sofferenze
Salmo 22 (21), 1-5 Abbandono
Romani 8, 35-36 Separati dall’amore di Cristo?
Matteo 27, 57-61 L’amore sepolto


Commento:
 

    Il grido di abbandono di Gesù sulla croce riecheggia le parole del salmista che chiede: “Perché rimani lontano e non mi aiuti? Perché non ascolti il mio pianto?”. Qui il pianto del servo sofferente porta il marchio di una comune esecuzione criminale. Poi segue il silenzio totale della morte e della tomba, chiusa da una grossa pietra, con le due Marie sedute accanto, senza parole.

    Ci sono momenti nella nostra vita, in cui la sofferenza supera ogni misura, in cui non ci sono parole per esprimere il nostro dolore, né grida, né lacrime, né gesti. In quei momenti anche noi siamo lì con le donne, presso la tomba, guardando tutto ciò che abbiamo amato e in cui abbiamo sperato, venire sepolto.

    I cimiteri nelle township e nelle aree rurali del Sud Africa sono pieni di speranze annientate e dolore indicibile. Le famiglie che avevano una tomba, ora ne hanno nove. Avviene così che, per la mancanza di posto al cimitero, le persone vengano sepolte le une sopra le altre, sopra i propri parenti, e spesso i sacerdoti devono celebrare funerali multipli. Un tempo i genitori facevano progetti, seduti attorno al tavolo, per la loro famiglia che cresceva. Ora in innumeri casi i bambini guardano a un futuro senza genitori. La morte fa zittire l’intera comunità.

    Eppure la sofferenza di Dio è redentiva. Egli si è caricato della sofferenza di tutte le persone e la sua morte ci ha redenti tutti. Egli è stato elevato sulla croce per attirare tutti a lui. Nella sua sofferenza e solitudine sulla croce Egli ha condiviso e ha partecipato realmente all’esperienza di dolore più oscura e paurosa che l’umanità sperimenti. Più ci avviciniamo alla croce di Cristo, più ci avviciniamo gli uni agli altri. Cristo ha offerto la sua vita per tutti; quando riconosciamo che dipendiamo tutti in egual modo da questa opera salvifica, scopriamo che ci è stata donata una profonda unità. La vita della chiesa deve esprimere questa unità di riscattati.


Preghiera:
Signore, datore e sostentatore di vita,
noi ti ringraziamo perché conosci e
comprendi la nostra sofferenza.
In Cristo hai preso le nostre infermità su di te
e dalla sue piaghe siamo stati guariti.
Donaci fede e coraggio quando siamo oppressi;
di fronte a grandi sofferenze come AIDS, cancro,
malaria, traumi di guerra,
allontana da noi il senso di disperazione.
Quando il senso della vita scompare
dietro le nuvole della sofferenza,
fa’ che possiamo volgere la nostra
attenzione a Cristo,
che ha sofferto per noi, ci ha conquistato, ci ha fatto diventare un popolo redento.
Nel suo nome ti preghiamo. Amen.




 
    OTTAVO GIORNO
Resurrezione - glorificazione
“Ogni lingua proclami Gesù Cristo è il Signore”
(Filippesi 2, 11)

Ezechiele 37, 1-14 Aprirò le vostre tombe e vi farò uscire
Salmo 150 Ogni vivente lodi il Signore
Romani 8, 31-39 Gesù Cristo è morto, anzi è risuscitato e ora [...] sostiene la nostra causa
Luca 24, 44-53 Gli apostoli stavano sempre nel Tempio lodando e ringraziando Dio


Commento:
 

    Il Sud Africa è tormentato, vittima della violenza e del male. La morte ingiusta bussa alla porta della povertà. Nonostante ciò, ogni domenica le persone proclamano la resurrezione del Signore con fiducia, spesso, nonostante abbiano celebrato un funerale il giorno precedente.

    La determinazione a celebrare la resurrezione del Signore pone il dolore e la tristezza in un contesto di speranza. Cristo è stato risuscitato da una tomba, rivelando così la gloriosa vittoria di Dio sulla morte attraverso la croce. Con la fede nella potenza di Dio che può portare la vita dalla morte, le chiese di Umlazi iniziano la celebrazione di Pasqua con una veglia notturna in cui processionalmente, con le candele accese, si recano al cimitero proclamando che “Cristo è risorto” dalle tombe dei loro cari. Questo richiama la visione di Ezechiele della nuova terra, ove lo Spirito del Signore alita nuova vita nelle ossa aride ed esse tornano alla vita. I cristiani celebrano la potenza di Dio che trasforma la morte in vita.

    La Lettera di san Paolo ai Romani parla del Cristo risorto seduto alla destra del Padre, da cui annuncia che ogni essere umano ha il proprio posto accanto a Dio, segno del chinarsi di Dio Padre verso il mondo, portando riconciliazione, consolazione e misericordia. La fiducia nella potenza dell’amore di Dio ci dona anche la fiducia di affrontare la morte e altre situazioni di simile oppressione. Possiamo anche essere fiduciosi che se nulla ci separa dall’amore di Dio, allora, per grazia di Dio, nulla può separarci l’uno dall’altro.

    Dio trasforma la morte in vita. Dio bisbiglia parole di speranza agli orecchi di coloro che sono in agonia, come agli orecchi di coloro che desiderano l’unità. È una speranza in ciò che Dio porta, di cui i fedeli sono appena consapevoli, e che rimane un mistero: la venuta del Regno di Dio. È la speranza che tutto il silenzio disperato e la divisione intollerabile un giorno scompariranno, cosicché ogni lingua proclamerà con una sola voce la gloria del Signore Dio. Ciò che il Signore suggerisce ai nostri orecchi come anticipazione del Regno rimane un mistero, ma richiede il nostro impegno già da adesso. La speranza che sostiene i fedeli del Sud Africa e che li trattiene dal disperarsi, dovrebbe rendere capaci tutti i credenti di schierarsi dalla parte di chi soffre. Tutti devono voler essere strumenti nella missione di Dio per portare vita e luce a quanti vivono nel buio della sofferenza e dell’ingiustizia. La medesima speranza deve ispirare i cristiani a cercare l’unità attraverso l’ecumenismo quotidiano, sempre attenti a nuovi modi per esprimere insieme la fede che abbiamo in comune.


Preghiera:
O Signore Dio, che noi amiamo,
davanti alla croce di tuo Figlio
vediamo la sofferenza di un mondo che attende ardentemente il tuo aiuto salvifico.
Fa’ che possiamo elevare un inno di vittoria
per proclamare che Cristo ha vinto
la morte “con la morte”
e che la vita risorta manifestata la mattina di Pasqua
ci dona la vita e la vittoria sulla morte e sulle forze del male. Amen.



 


 

 
 
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